Le celebrazioni e gli auguri di Pasqua
dell’Arcivescovo Mons. Paolo Giulietti
  dal 15 al 30 Aprile 2022
LUCCA
Le celebrazioni e gli auguri di Pasqua<br> dell’Arcivescovo Mons. Paolo Giulietti

La Chiesa vive nel Venerdì Santo la contemplazione della Croce. In Gesù crocifisso i fedeli sono chiamati a contemplare e a servire anche i crocifissi e gli oppressi di oggi. Il rito della “lavanda dei piedi”, nel giorno del Giovedì Santo, si è svolto nella messa in Cattedrale a Lucca che ha avviato il Triduo Pasquale, l’Arcivescovo si è inginocchiato davanti a dodici profughi ucraini lavando loro i piedi. Durante la messa è stata elevata la preghiera per la pace in Europa come in ogni luogo del mondo dove risuona violento e sacrilego il fragore delle armi che uccidono e distruggono.
Sabato 16 aprile (Sabato Santo) nella Cattedrale di Lucca l’arcivescovo Paolo Giulietti presiede la veglia pasquale con inizio alle ore 22. Sempre sabato, al mattino alle ore 9.30, l’Arcivescovo presiede anche una messa nel carcere di Lucca. Il giorno di Pasqua, domenica 17 aprile, mons. Giulietti celebra alle ore 11 nel Duomo di Castelnuovo di Garfagnana e questa celebrazione viene diffusa in diretta sull’emittente NoiTv.
Inoltre alle ore 18 del giorno di Pasqua l’Arcivescovo presiede la messa nella chiesa di San Paolino a Viareggio.


Gli auguri di Pasqua dell’Arcivescovo
L’avvenimento pasquale si radica nell’esperienza di liberazione di Israele, che sfugge alla preponderante armata del Faraone grazie all’intervento di Dio, durante il passaggio del Mar Rosso. Nella cena pasquale, che da allora viene celebrata in tutte le case ebraiche nel plenilunio di primavera, si riconosce con gratitudine che l’uscita dalla schiavitù d’Egitto si deve alla «mano potente e al braccio teso» di Dio: egli ha ascoltato il grido del popolo oppresso ed è sceso dal cielo per restituire libertà e dignità. A partire da questo straordinario coinvolgimento, il Signore diventa «il Dio d’Israele» e Israele «il popolo di Dio»: una reciproca appartenenza germinata in Egitto e sancita nell’alleanza del Sinai. Da quel momento in poi, il popolo è consapevole del fatto che i suoi successi dipendono dalla fedeltà all’alleanza e le sue sconfitte nascono dalla lontananza da Dio: «Non con la spada conquistarono la terra, né fu il loro braccio a salvarli; ma il tuo braccio e la tua destra e la luce del tuo volto, perché tu li amavi» (Sal 44, 4). Sì, perché conflitto e persecuzione caratterizzano in modo costante la vicenda di Israele, sia nella Terra che – poi – nella Diaspora. L’annuale memoriale della liberazione dall’Egitto diventa allora garanzia della protezione di Dio in ogni circostanza che il suo popolo si trova a vivere in tempi e luoghi diversi. Anche la Pasqua cristiana è evento di liberazione: Dio «scende dal cielo» – si fa uomo – per riscattare i suoi figli dalla schiavitù del male, sconfiggendo il potere della violenza e dell’ideologia mediante una potente prestazione: la passione, morte e risurrezione di Cristo. Egli trionfa sul male nella logica dell’amore che dona liberamente la propria vita: una forza che niente e nessuno può sottomettere, come mostra il sepolcro vuoto dell’alba di Pasqua. La «mano e il braccio» di Dio sono potenti ed efficaci, proprio come al passaggio del Mar Rosso, perché, in Gesù, li vediamo distesi sulla croce e inchiodati al legno. Altri cavalli e altri cavalieri affogano nel mare, ed emerge dalle acque del battesimo un popolo finalmente libero. La Pasqua 2022 pertanto, dinanzi alla potenza devastante delle armi di nuovo affacciatasi in Europa, proclama ancora una volta che il vincitore non è chi dispone dell’esercito più forte e della quantità minore di scrupoli morali, ma chi è capace di amore e perdono. Cavallo e cavaliere finiranno ancora una volta in mare, mentre chi ama ne uscirà vincitore, qualunque sia il prezzo da pagare. I riti pasquali proclamano che la violenza, nel grado forte della guerra come nel piccolo delle sopraffazioni quotidiane, trionfa solo in apparenza e provvisoriamente: solo gli ideali, l’amore, il sacrificio, il dono... possono introdurre nella pienezza della vita. Celebrare la Pasqua, quest’anno più che mai, non può quindi limitarsi a replicare dei riti, ma chiede di fare spazio alla logica perdente-vincente della croce-risurrezione, affinché trasformi la vita concreta delle persone, delle famiglie e dei popoli. La vicenda Ucraina ci ha aperto gli occhi su quella «terza guerra mondiale a pezzi» di cui Papa Francesco parlava – pressoché inascoltato – da tempo, e sul suo radicarsi in una globale «in-equità». Operare faticosamente e gioiosamente la giustizia in campo sociale e ambientale è quindi il frutto più vero della Pasqua, ciò che rende davvero liberi e forti. Buona Pasqua!
+ Paolo Giulietti
arcivescovo di Lucca